Il dipinto odierno è dedicato alla nostra terra, l'Abruzzo. Esso, infatti, vede coinvolti due grandissimi nomi dell'arte e della letteratura, che dell'Abruzzo sono figli: Francesco Paolo Michetti e Gabriele d'Annunzio. E il profilo montuoso che campeggia sullo sfondo del quadro, non ci sembra familiare? È la Majella, la "montagna madre" di tutti gli abruzzesi. Il tema dell'isolamento che caratterizza la nostra rubrica, è qui incarnato dalla figura di una ragazza che, avvolta e nascosta in un ampio mantello rosso, con passo agile e deciso si sottrae allo sguardo insidioso di un gruppo di uomini. Ma chi è questa giovane, e perché è l'oggetto di tanta attenzione? Si tratta della "Figlia di Jorio", che nella omonima tragedia pastorale di d'Annunzio avrà il nome di Mila di Codra. La tela di Michetti è datata al 1895, mentre il dramma dannunziano fu scritto nel 1903 e portato a teatro l'anno seguente.
Lo stesso tema, quindi, trattato dai due artisti e amici che rimasero molto impressionati e turbati da una scena a cui assistettero nella piazzetta di Tocco da Casauria, paese natale di Michetti. Lasciamola raccontare dallo stesso d'Annunzio: «D'improvviso vedemmo irrompere nella piazzetta una donna urlante, scarmigliata, giovane e formosa, inseguita da una torma di mietitori imbestialiti dal sole, dal vino e dalla lussuria. La scena ci impressionò vivamente: Michetti fermò l'attimo nella sua tela ch'è un capolavoro; ed io rielaborai nel mio spirito, per anni, quanto avevo visto su quella piazzetta; ed infine scrissi la Tragedia...». Anche l'opera michettiana fu il risultato di anni di studi - più di una ventina -, meditazioni e ripensamenti. Alla fine prese corpo così come la vediamo ancora oggi, «col capo sotto un dramma di nubi» e nelle forme che all'epoca suscitarono approvazione e ammirazione: esposta alla Biennale di Venezia, vinse il primo premio.
L'impaginazione della scena segue il formato orizzontale della grande tela, alta circa tre metri e lunga più di cinque. Inizialmente i colori erano molto più brillanti di come appaiono oggi: Michetti sperimentò una tecnica innovativa utilizzando una tempera particolare che, tuttavia, non si rivelò molto duratura. Il terreno su cui cammina Mila è reso con degli ampi tocchi di colore steso con la spatola; una tecnica debitrice della pittura impressionista. Questa parte del dipinto contrasta con la robusta e ben definita mole della Majella ancora innevata, il cui profilo è lo stesso che si può osservare dalla zona di Orsogna o di Guardiagrele; probabilmente il pittore eseguì degli schizzi dal vivo che furono poi rielaborati nel chiuso del suo atelier. E sembra che a posare per la figura di Mila fu una diciannovenne di Orsogna, Giuditta Saraceni, abbigliata secondo la moda contadina e rurale dell'epoca.
Ai piedi riconosciamo le "chiochie", i cui lunghi lacci si avvolgono intorno alle caviglie. Il seno formoso è messo in risalto da due sostegni che si incrociano, utilizzati anche per appendere sulla schiena ceste o fasci di legna. E poi notiamo le "sciacquajje", i tipici orecchini a forma di falce di luna, indossati anche come amuleti portafortuna. Pure gli uomini sono vestiti secondo la foggia dell'epoca, e nel primo sdraiato a sinistra - colui che più di tutti deride la povera donna - riconosciamo lo stesso Michetti. Ma l'apparizione di questa ragazza "chiacchierata" suscita anche altre reazioni: due ragazzi, infatti, la guardano con occhi sognanti e desiderosi. Sull'estrema destra del quadro c'è una donna matura che osserva Mila con un'espressione vagamente ambigua, di compartecipazione emotiva - solidarietà femminile? - o, al contrario, di muto rimprovero verso colei che le voci di paese additavano come disonorata. Una figura maschile, in piedi, è tagliata all'altezza del petto, non sappiamo chi sia. Notiamo che ha un abbigliamento più ricercato ed elegante rispetto a quello degli altri uomini. Qualcuno ha voluto vederlo come un "ritratto anonimo" di d'Annunzio. Siamo tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera, che in Abruzzo è sempre
piuttosto timida a causa del clima rigido. Sulla montagna, come abbiamo visto, c'è ancora la neve, ma il risveglio della natura è simboleggiato dal mandorlo in fiore sulla sinistra, verso cui Mila - simbolo di giovinezza - si dirige. Vero e proprio fiore della passione, la figura di Mila è giocata sull'accostanento di masse cromatiche che la rendono monumentale come una statua: il rosso del mantello si accosta a quello della gonna, mentre il bianco della veste è ripreso dalle sopraccalze di lana che riscaldano i piedi, laddove le calze nere creano un altro equilibrio tonale. L'immediatezza della rappresentazione ricorda una fotografia, e lo stesso Michetti fu un fotografo abbastanza esperto. Acquistato dalla Galleria Nazionale d'Arte di Berlino, "La figlia di Jorio" fu poi ricomprato dalla Provincia di Pescara nel 1932. Sopravvissuto ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, è ora esposto all'interno del Palazzo della Provincia, prestigiosa icona della proverbiale "forza e gentilezza" abruzzese.
Danilo Borri
postato il 29/3/2020 alle ore 14:05