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Il pellegrinaggio del “volto santo”
Ospiti di eccezione, quest’anno, il 5 maggio scorso, alla solenne processione in onore della Madonna della Libera di Pratola Peligna, quella che si svolge nel pomeriggio della domenica. Accanto al sindaco De Crescentiis e alla vice presidente della Provincia Antonella Di Nino, i sindaci di Lanciano e Montesilvano, Pupillo e Di Mattia, entrambi di origine pratolana. E, fin qui, nulla di strano. Poi, ecco, subito dietro, un devotissimo, compunto e contrito Luciano D’Alfonso. è nota a tutti la radice cristiana dell’ex sindaco di Pescara, lui nato tra le balze scoscese di Manoppello, paese della basilica del Volto Santo. Ma, fino ad ora, aveva limitato l’esibizione della sua devozione alle celebrazioni del suo paese. Da qualche tempo, tuttavia, tra la sorpresa e la curiosità generale, ecco che lo si vede spesso sulle strade dei paesi, presenziare alle manifestazioni più importanti della devozione popolare. Molti dei cittadini che lo seguivano nella processione o lo guardavano dalle ali di folla assiepate ai lati della strada non potevano fare a meno di chiedersi: «Ma che ci fa D’Alfonso a Pratola?». Per i suoi denigratori, è venuto per chiedere perdono per la “disinvoltura” con la quale avrebbe gestito fino ad ora la cosa pubblica nelle occasioni che gli sono capitate, anche se la giustizia terrena, finora, lo ha assolto. Ed ecco, quindi, la mano compassionevole della Madonna pratolana, sempre benigna, pronta a cancellare, dietro sincero pentimento, le colpe nascoste ed inconfessabili. Ma poi ci sono gli estimatori, i tifosi, coloro che lo hanno eletto a demiurgo per la rinascita della regione. Gli uomini della sinistra delusa, ferita, amareggiata dalle sconfitte recenti e passate, che vedono in lui l’angelo vendicatore. A costoro D’Alfonso, mentre fendeva la folla, regalava sorrisi, alzava la mano per salutare (o per benedire?), dicendo con lo sguardo: «Con l’aiuto della Madonna della Libera, ci penserò io a rilanciare queste contrade». Ed i fedeli, per un attimo, hanno avuto dei dubbi su chi realmente fosse il festeggiato, se la statua dell’amata Signora, o quel distinto signore arrivato per caso. è la politica del disincanto, della crisi delle idee forti, dell’impero del pensiero debole e timoroso. Un eterno peregrinare per luoghi impropri, un “esserci” a tutti i costi, per creare il caso, per emergere dalla massa, per apparire diversi dagli altri che non si curano delle preoccupazioni e le angosce della gente semplice. E D’Alfonso, profondo conoscitore del “soffio del popolo”, ne fa un cavallo di battaglia. Poi, però, se la Madonna farà il miracolo, bisognerà governare. E lì i miracoli non contano. Ci vuole la forza dell’uomo e la tenacia nel costruire. E bisognerà rispondere ad altre processioni, più laiche, piene di prosaici problemi. grizzly
postato il 25/5/2013