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“L’arte della quarantena”, la bellezza per resistere: “Ecco la serva del Signore”



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Oggi torniamo nell'Inghilterra vittoriana e alla Confraternita dei Preraffaelliti, un sodalizio artistico fondato nel 1848 da Dante Gabriel Rossetti e altri due suoi amici pittori, come gesto di ribellione alla pedante e passatista pittura di stile accademico allora imperante. Il titolo dell'opera, datata 1850, deriva dal primo capitolo del Vangelo di San Luca, dove si descrive l'Annunciazione alla Vergine Maria da parte dell'Arcangelo Gabriele, che le si avvicina con il saluto: «Ecco la serva del Signore». Rossetti utilizza una gamma cromatica limitata e contrassegnata da tre colori: il bianco, simbolo di verginità; l'azzurro del tendaggio alle spalle di Maria, suo colore per eccellenza; il rosso acceso della lunga stoffa sulla destra, ricamata con dei gigli.
Questo colore è un chiaro riferimento alla futura morte di Cristo. I gigli sono un tradizionale attributo iconografico della Madonna nell'arte medievale e rinascimentale italiana, in quanto simbolo di purezza e castità. Ma, essendo considerati anche dei fiori funebri, sono pure associati alla passione e morte di Gesù. A posare come modelli furono la sorella e il fratello di Dante Gabriel Rossetti, Christina e William. Il dipinto ricevette delle recensioni e un'accoglienza contrastanti, soprattutto per via dell'innovazione iconografica. Se pensiamo, infatti, che solitamente nella scena dell'Annunciazione, la Vergine veniva rappresentata seduta e intenta alla lettura o al ricamo, stavolta ella è rappresentata in camicia da notte, sul letto e rannicchiata contro il muro, sorpresa e spaventata dall'improvvisa apparizione del messaggero di Dio. Innovativa e spiazzante è pure l'assenza delle ali di Gabriele, e soprattutto la sua nudità che si intravede dal lato della veste. L'arcangelo, inoltre, non è quella figura asessuata alla quale l'arte e la tradizione ci avevano abituato, ma un giovane in carne e ossa e dalla fisicità molto terrena. A ricordarci "distrattamente" la sua natura divina, ci sono le fiamme ardenti al di sotto dei suoi piedi e il corpo sospeso a mezz'aria. Tuttavia il quadro, nonostante raffiguri un soggetto religioso, può essere interpretato anche in chiave più "umana": questa Annunciazione simboleggia anche il risveglio della sessualità e la presa di coscienza che avvengono durante l'adolescenza, e queste sensazioni sono ben evidenti nell'espressione vagamente malinconica e di Maria, comprensibilmente intimorita anche all'idea dell'imminente maternità.
Oltre al rosso-sangue di Cristo, un altro elemento ha in sé una predizione futura: i capelli biondo rossicci della Vergine, infatti, richiamano quelli della Maddalena, che con lei piangerà la morte di Cristo sulla croce. L'ambiente spoglio della sua camera ricorda le Annunciazioni dipinte da Beato Angelico (pittore amatissimo dai Preraffaelliti) e anche le aureole di Gabriele e di Maria sono le stesse che vedremmo, ad esempio, nei dipinti di maestri come Giotto o Simone Martini. Gli spazi molto ristretti e i due diversi punti di vista con cui sono rappresentati i personaggi (ribassato quello di Gabriele, rialzato quello di Maria) rimandano a soluzioni prospettiche tipiche della pittura del primo Quattrocento italiano. L'arte italiana medievale e rinascimentale era, infatti, la prima fonte di riferimento per i pittori Preraffaelliti. In seguito, la loro attenzione si spostò verso il manierismo e artisti quali Michelangelo, Sebastiano del Piombo, Tiziano e Veronese. Anche i soggetti dipinti da Rossetti cambiarono drasticamente: da scene religiose o ispirate alle vicende di Re Artù e alle opere di Dante Alighieri, passò ai ritratti di donne misteriose e sensuali, fastosamente vestite e ingioiellate, con un gusto anticipatore dell'Estetismo di fine secolo che suscitò l'ammirazione, tra gli altri, di Oscar Wilde e Gabriele D'Annunzio. Dante Gabriel Rossetti è legato anche al nostro Abruzzo: suo padre, il poeta e critico letterario Gabriele Rossetti, era nativo di Vasto.
Costretto all'esilio a causa della sua partecipazione ai moti liberali del 1820, nel 1824 si trasferì a Londra. Autore di critiche letterarie e in particolare sulla "Divina Commedia" scelse di chiamare suo figlio Dante, proprio in onore del poeta fiorentino.

Danilo Borri


postato il 2/4/2020 alle ore 14:12

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