INCHIESTA

16866Sulmona

Nel limbo dei rifiuti

Dubbi sulla possibilità di passaggio dei lavoratori delle cooperative al Cogesa

SULMONA. L’abbiamo definita “telenovela” perché di colpi di scena ne ha riservati parecchi. Sempre ad un passo l’affidamento del servizio rifiuti al Cogesa che, al contrario, è ancora nelle mani delle cooperative. A pochi giorni dall’udienza del Tar, che si pronuncerà il 18 novembre sui ricorsi presentati da Am Servizi e Undis, la sentenza diventa, di fatto, il nulla osta o meno verso un reale affidamento. A questo punto quale sarà la sorte dei lavoratori impiegati nel servizio rifiuti? Per quelli comunali “affidati al servizio di igiene urbana” (11) la situazione è più che definita: passeranno senza alcun problema al Cogesa poiché i requisiti sono tutti rispettati. La situazione diventa più problematica per i 23 che, al momento, sono dipendenti delle cooperative, cioè di privati. Il passaggio da un ente privato al pubblico, qual è il Cogesa, si presenta molto più complicato del previsto. «Siamo nel limbo – commenta a proposito il presidente del Cogesa, Giuseppe Quaglia –, il dubbio permane e dobbiamo salvaguardare tutti i Comuni soci, proprietari delle azioni, che esercitano il controllo analogo». La legge a riguardo è poco chiara ovvero di diverse interpretazioni. Se da una parte il Cogesa è prudente e vuole approfondire ancor di più la normativa, dall’altra i sindacati spingono sul contratto Federambiente, lo stesso applicato dal Cogesa, e ne richiamano l’articolo 6 in cui si parla di avvicendamento e riassorbimento. «I sindacati parlano di contratti di lavoro, ma la situazione non è chiara quindi applichiamo le norme di legge. Se sarà possibile intraprendere altre strade ben venga: l’importante è tutelare il personale a prescindere dal gestore del servizio» continua Quaglia. Secondo il parere legale fornito a proposito al Cogesa «Il personale delle società consortili non intrattiene rapporto di lavoro con il Comune tale da configurare quel ‘passaggio’ connaturato al trasferimento». Ed ancora: «L’affidamento in house presuppone che la titolarità del servizio sia tutta in titolarità del Comune» e quindi che «non può sussistere alcuna forma di continuità con Cogesa dei rapporti di dipendenza intrattenuti dal Comune con le società consortili cooperative e tantomeno dei rapporti di dipendenza che quest’ultime hanno con il proprio personale». L’acclamato articolo 6, quindi, da parere legale, «rappresenta una deroga alla regola costituzionale della selezione concorsuale che, secondo l’orientamento della Corte dei Conti, è principio inderogabile anche in materia di outsourcing». In sintesi per il passaggio dei lavoratori delle cooperative è necessario un concorso poiché con l’assunzione da parte del Cogesa passerebbero da uno status lavorativo da privati a pubblici. Il parere, tuttavia, procede a tentoni poiché paventa anche la possibilità da parte dei lavoratori di avviare una procedura legale nei confronti del Cogesa per la mancata assunzione. Meglio questa possibilità, però, che finire nelle sedi giudiziarie per l’eventuale illegittimità delle assunzioni. Per far fronte all’imminente vuoto di risorse umane che si va a creare il Cogesa ha diritto ad affidare a terzi parte del servizio che, tuttavia, deve avere breve durata. Il tempo necessario, in pratica, per avviare le procedure concorsuali per l’assunzione delle persone necessarie. L’affidamento in house, infatti, presuppone che la società abbia un assetto organizzativo tale da far fronte al servizio affidatogli ed evitare intermediazioni che potrebbero procurare maggiori spese. I lavoratori per stabilizzarsi, quindi, dovrebbero vincere tutti l’eventuale concorso? «Cogesa si rende disponibile per un bando di concorso – aggiunge il presidente –. è previsto il passaggio dei lavoratori nelle forme di legge, seguiranno il servizio». Sull’affidamento pende anche un altro fattore e cioè il pagamento da parte del Cogesa di fideiussione, diritti di segreteria e polizza assicurativa. La società, inizialmente, aveva fatto appello ad una sentenza (n. 78/2009 della Corte de Conti Lombardia) che evita di far fronte a queste spese in caso di contratto con atto privato. La delibera di giunta (n. 263 del 10 ottobre 2014), al contrario, parla di atto pubblico sia per tutelare il Comune che, in dieci anni, investirà milioni di euro, sia perché così sancisce il regolamento comunale in materia per contratti superiori ai 25 mila euro. Per il Cogesa non c’è scampo. In fondo lo ha sottolineato anche il sindaco, Giuseppe Ranalli, che la società deve provvedere e che «l’affidamento si farà non appena tutto sarà in ordine». «Stiamo predisponendo i documenti per entrambe le possibilità – risponde Quaglia –. Per noi non è un problema, siamo figli del Comune. Avevamo proposto la scrittura privata per evitare ulteriori costi, ma in fondo sono sempre soldi che restano all’interno della filiera pubblica».
simona pace

Per dirla tutta Nonostante il 4 novembre scorso il Tar non abbia concesso la sospensione cautelativa degli atti che i ricorrenti avevano richiesto permettendo, di fatto, di avviare la stipula del contratto anche immediatamente, l’amministrazione sulmonese ha proseguito con un’ulteriore deroga alla Am Servizi. Decisione presa su consiglio degli uffici del quarto settore, nel frattempo privati della presenza del proprio dirigente (in malattia fino al 30 novembre), Amedeo D’Eramo, che rientrerà a cose fatte. La scelta del tribunale amministrativo ha fatto saltare la clausola “standstill” (art. 11 comma 10-Ter del Codice contratti pubblici) chiamata in causa da Am e Undis e di conseguenza anche dagli uffici comunali per porre il diniego il 31 ottobre scorso (alla vigilia del progettato contratto). Il segretario generale e l’ufficio legale del Comune, però, avevano già anticipato che la stessa non era applicabile all’affidamento in house, ma di questi tempi, a palazzo San Francesco, ogni firma si porta dietro l’ombra della paura.


postato il 15/11/2014

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