INCHIESTA

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La guerra sul ponte



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di Patrizio Iavarone

La mezza opera
L’opera, la mezza opera, ovvero lo scempio è ancora lì. Nelle stesse condizioni in cui, nel dicembre del 2012, il Comune, pressato da migliaia di firme e soprattutto da un’inchiesta della magistratura che non sembra vedere mai la luce, decise di bloccare i lavori. Il ponte di via Gorizia, oggi, non è più solo una questione urbanistica, ma è questione di cassa e di responsabilità erariali. Una questione che si agita tra lo scaricabarile e lo scontro istituzionale. Perché, in fondo, di cosa e come sarà il parco di Villa Orsini in futuro, non interessa più a nessuno, almeno a chi si trova nelle stanze dei bottoni.

Lo scaricabarile
La prossima settimana il Comune di Sulmona depositerà un ricorso al tribunale amministrativo regionale contro il diniego espresso dalla Sovrintendenza nell’agosto scorso: un no che, basandosi su un vincolo monumentale, ha di fatto bloccato qualsiasi attività sulle sponde del fiume Gizio. I motivi del ricorso li spiega l’assessore Stefano Goti: “Perché sia chiaro, in futuro, quando e se dovesse intervenire la Corte dei Conti - ha detto - di chi sono le responsabilità dei lavori che non procedono”. Insomma l’amministrazione alza gli scudi e poco importa di come sarà risolta la questione, se è vero, come si legge nel ricorso, che l’obiettivo dello stesso è quello di permettere il collegamento con l’ospedale civile. Quindi di fare quell’opera inutile, che sventra un parco per finire in una strettoia, così come l’aveva pensata l’amministrazione Federico e contro cui, pure, l’amministrazione Ranalli aveva proposto varianti ciclopedonali, oggi non più citate negli atti inviati ai giudici amministrativi. “Una volta che sarà annullato il diniego - continua Goti - avremo la calma e la serenità di affrontare eventuali modifiche”. Insomma prima bisogna togliersi quel fardello di dosso, che oltre ai possibili risvolti penali e amministrativi, minaccia le tasche di chi quell’opera l’ha autorizzata e avviata.

Ai ferri corti
Che i rapporti tra il Comune e la Sovrintendenza non siano già da un po’ dei migliori, è cosa nota: prima le prescrizioni sul Collettore turistico, poi il no al rifacimento della pavimentazione in via Dorrucci, infine la mazzata sul ponte di via Gorizia. Una guerra di nervi e di carte che rischia di deflagrare irrimediabilmente leggendo il ricorso, nel quale, all’indirizzo del Mibac (ovvero della Sovrintendente Maria Giulia Picchione e del responsabile del procedimento Berardino Olivieri) il Comune lancia strali pesanti, accuse di “violazione dei principi di legalità e leale collaborazione tra pubbliche amministrazioni”, chiedendo, alla fine, anche un lauto risarcimento, non quantificato nel merito, ma ipotizzato nelle centinaia di migliaia di euro spesi finora (213.334,76) e in quelli che potrebbero essere “spesi” per la eventuale perdita del finanziamento (un milione di euro) e per la causa risarcitorie già avanzata dalla ditta affidataria dei lavori.

Il ricorso al Tar
Il principio da cui muove il ricorso al Tar, con relativa richiesta di sospensiva, è la contraddittorietà dei pareri dati dalla Sovrintendenza e il sospetto ritardo con cui si è mossa. Nel dicembre del 2012 la Sovrintendenza comunica al Comune che su Villa Orini e il parco annesso c’è un vincolo monumentale che risale al 1937, documento “privo di planimetria e di elementi identificativi dei beni interessati”. Secondo il Comune e la stessa Sovrintendenza, insomma, la questione era controversa, tant’è che il procedimento doveva essere sottoposto a rinnovo del vincolo e a trascrizione.
Nel frattempo al Comune si procede un po’ a caso: si “tutela” l’arco di ingresso di Villa Orsini, ma non il viale che dall’ingresso conduce alla Villa stessa: una tutela a macchia di leopardo, insomma, che serpeggia tra case di nuova e vecchia costruzione, alberi e sponde del fiume. “Non può sottacersi, al riguardo - si legge nel ricorso -, come la precedente nota con cui era stata preannunciata la necessità di rinnovo del vincolo sparisca del tutto (ad arte?) da ogni ricostruzione dei fatti e richiamo degli atti precedenti, come se non fosse mai esistita”. Anche se poi, sostiene il Comune, poco importa, perché comunque quel vincolo non era valido, perché non trascritto.
I giorni, i mesi e gli anni passano e, nel luglio scorso, dopo una diffida del Comune ad esprimersi, la Sovrintendenza fornisce prima il preavviso e poi il definitivo diniego: “Senza neanche suggerire al Comune modifiche da apportare - si legge - e senza dare conto in maniera adeguata delle ragioni di tale assoluto rifiuto”. Non solo: il Comune lamenta una strana datazione degli atti (“data incerta” scrive e ci aggiunge anche un “sic!”) e invoca il silenzio assenso, essendo arrivato il diniego oltre i termini consentiti dalla legge e un pronunciamento, contrastante, a distanza di quattro anni. Senza fare verifiche sul posto, secondo il Comune, tanto da citare strade che non esistono negli atti e dando per tardive le controdeduzioni presentate dal Comune con un giorno di ritardo, nonostante l’invito del prefetto a chiarirsi in un incontro che non c’è mai stato.

Quindici anni persi
Insomma una guerra istituzionale che non preannuncia niente di buono: tanto per la questione del ponte, quanto per le tante pratiche aperte tra i due enti. Come se la storia di via Gorizia non fosse già abbastanza complicata: con i rilievi sull’appalto fatti dall’Autorità anticorruzione, le inchieste della magistratura (sembra che stia per essere disposta un’altra perizia), la soluzione politica che ancora non si affaccia in commissione come richiesto quasi da due anni, le opinioni contrastanti sul da farsi, le aste fallimentari nelle quali i proprietari di Villa Orsini, nel frattempo, hanno già perso diversi pezzi e un’altra ennesima “e improrogabile scadenza” per spendere quel milione di euro: il 26 marzo 2016. Finanziamento che risale alla giunta regionale Pace, a quasi quindici anni fa.


postato il 21/11/2015

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Commenti
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Postato da Kevin Lynch alle 12:26 di lunedì 23 Novembre 2015
In tutto il suo corso, fin dalla decisione originaria di procedere alla elaborazione della scheda-progetto, la vicenda è stata gravida di risibili e memorabili paradossi, e ha purtroppo rappresentato perfettamente il livello di adeguatezza della catena decisionale locale (ma anche di tutti gli attori di vario tipo che sono intervenuti, associazioni comprese) in fatto di Urbanistica in questa Città. E dire che, se adeguatamente progettata e correlata al contesto e al paesaggio urbano, l'opera avrebbe potuto rappresentare non solo un collegamento infrastrutturale di rilevanza primaria, ma anche un riferimento cruciale per la riqualificazione e rigenerazione del quadrante urbano ovest.




 

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