INCHIESTA

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Abracadabra



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di Patrizio Iavarone

I divani damascati
Chissà avranno chiamato uno svuotacantine se non direttamente il servizio di raccolta ingombranti del Cogesa. Perché a Sulmona, la città d'arte e cultura, in fondo basta poco: uno sghiribizzo di una consigliera, una distrazione di un assessore, il fastidio di un altro. Et voilà si cambia mobilia. Via la vecchia, che in verità era antica, e dentro la nuova, anche se non è proprio quella che era stata programmata, se i soldi usati per comprarla erano stati già impegnati e addirittura se non era proprio quella che serviva. Succede, è successo, al teatro Caniglia che domani riaprirà in pompa magna i battenti (ma non era stato già inaugurato lo scorso anno?). Succede, è successo, così che gli antichi divani damascati, i tavolini che li corredavano e chissà quanti altri arredi sfuggiti all'inventario, “sono spariti”, dice candidamente la consigliera Roberta Salvati per giustificare la spesa “che io personalmente ho fatto” di diecimila euro di mobili nuovi.

La caccia al tesoro
La frase buttata lì tra le parole di una conferenza stampa, ha provocato subito l'indignazione collettiva. Quanto basta perché il giorno dopo l'assessore ai Lavori Pubblici, Stefano Goti, che dentro al cantiere del teatro ci sta da dieci anni perché prima faceva il tecnico comunale, si misurasse con un'improbabile caccia al tesoro. Gira e rigira e si scopre che tre divanetti monoposto sono stati poggiati nei camerini dell'ultimo piano senza più cuscini e federe e uno triposto trasferito, non si sa bene da chi, come, perché e con quale autorizzazione, nella sala regia del cinema Pacifico. E basta. Tutto il resto è sparito, “in parte buttato perché rottosi durante i lavori”, chiarisce Goti come se fosse la cosa più normale al mondo, e in parte chissà finito in qualche casa di maggiorenti o di furfanti. Difficile dirlo, difficile saperlo, anche perché, si scopre (sempre) strada facendo, quella mobilia, in stile liberty e su cui hanno sorseggiato cultura i nostri nonni, non era mai stata inventariata. Cioè non esisteva sulla carta. Chi però il teatro l'ha frequentato almeno un po', sa che i divanetti liberty non erano né quattro, né cinque, visto che almeno un salottino completo era presente non solo al foyer, ma anche su ogni livello del Caniglia.

Lo shopping della consigliera
Ma visto che non si vedevano più in giro (neanche lo sforzo di farsi un giro per i camerini), la consigliera Roberta Salvati, a braccetto con l'assessore Luciano Marinucci, ha deciso di dare una botta di vita al vecchio Caniglia. Così è andata dalla ditta Pietrantonio Arredamenti e uno sull'altro ha poggiato diecimila euro per acquistare ventiquattro sedie, due divanetti e qualche tavolino. “Soldi vincolati” hanno tenuto a precisare.

La gara d'appalto
Qualcosa in più che vincolati, in verità: perché quei soldi, dodicimila euro al principio, erano stati sborsati dalla produzione del film L'Americano con George Clooney per “finalità culturali”. Che secondo logica dovevano essere destinati al cinema, secondo i gusti dell'assessore ad un bel quadro da appendere nella sua stanza e, alla fine, secondo gli uffici, che per questo fecero tanto di determina e gara d'appalto, da utilizzare per l'acquisto di un paio di divani, per dotare di una scala di sette metri il Caniglia, per un bacheca (sempre per il teatro) e per sistemare gli ingressi del Piccolo di via Quatrario. Nulla di tutto questo, in realtà, è stato fatto. Nonostante una gara d'appalto sia stata regolarmente espletata e vinta dalla ditta Velo di Torre de' Nolfi per la fornitura di due divani in pelle rossa. “Mi avevano fatto portare anche i campioni della pelle, che doveva essere una pelle rinforzata. Poi mi avevano chiesto di ordinare la merce in attesa che finissero i lavori al teatro – spiega la responsabile della ditta di arredamenti – fortuna che non l'ho fatto, altrimenti ora mi ritroverei sul groppone una spesa di ottomila euro”. Quelli ora spesi a gusto e creanza della consigliera Salvati, alla faccia di una gara d'appalto che non si sa in quali meandri del palazzo sia finita.

Un brutto film
A sparire, d'altronde, nei templi della cultura a Sulmona, non sono solo divani e carte del teatro, ma anche di molte altre strutture. Al cinema Pacifico, ad esempio, quello che per l'ennesima volta “sarà riaperto a breve, al massimo a settembre”, è rimasto poco e niente. Le luci, il computer, i cavi, le casse, il proiettore e chissà quant'altra roba. Solo che questa è stata catalogata e inventariata e, se il Comune volesse, magari potrebbe chiederne conto a chi la struttura l'ha utilizzata e a chi l'ha gestita. Vabbe' che presto arriverà la Camera di Commercio a finanziare il nuovo cinema, però qualche domanda i custodi del bene pubblico farebbero bene a porsela e a porla. Perché la sparizione di arredi e strumentazione, non coinvolge a quanto pare solo il teatro e il cinema, ma anche il Piccolo di via Quatraro e più in generale la gestione malata del patrimonio pubblico.

Mi scappa la pipì
Per finire la ciliegina della torta torna sul foyer: i lavori di ristrutturazione dovevano prevedere a suo tempo la realizzazione di bagni dedicati. E questo per permettere che lo spazio fosse indipendente dal teatro e quindi possibile utilizzarlo senza dover aprire tutto l'edificio e di conseguenza chiamare come da legge i vigili del fuco (che sono una spesa fissa). Ma come nella migliore tradizione della città d'arte e cultura, e di progettisti aggiungiamo, i bagni alla fine non sono stati fatti e il foyer, ad oggi, non può essere utilizzato se non aprendo il teatro o per eventi che non superino un'ora di durata. “Possiamo farci le conferenze stampa – annuncia la Salvati – in attesa che si trovi una soluzione”. Dunque diecimila euro d'arredi per ospitare la stampa (quale onore), sempre che non si riesca a far scattare il piano B o C. Sì, perché quando l'assessore Goti si è accorto che i bagni per il foyer erano spariti, ha pensato di realizzare una specie di tunnel che collegasse lo spazio all'attiguo edificio di Santa Caterina. Anche qui, però, i conti erano senza l'oste: il Genio civile lo ha impedito perché sarebbe stato un aumento di cubatura. Ora l'ultima ipotesi (il piano C) è quella di realizzare i bagni dedicati nello sgabuzzino retrostante il foyer: uno spazio che viene usato come magazzino e senza finestre. Ma si sa: gli artisti sanno come adattarsi.


postato il 27/6/2015

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