INCHIESTA

11024

Cratere: la beffa

Seconda parte


Ci eravamo lasciati nell’inchiesta dello scorso numero con i rilievi speditivi fatti subito dopo il terremoto dalle squadre Quest (gli esperti della Protezione civile) per valutare l’inserimento o meno dei Comuni esclusi dal cratere sismico nell’elenco di quelli che avrebbero potuto rientrarci. Una passeggiata lungo le vie del centro, approssimativa e rapida, «non ripetibile» secondo la commissione chiamata ad ottemperare al giudizio, che aveva fatto dedurre agli inviati da Bertolaso che a Sulmona e nella Valle Peligna il terremoto si era fermato al quinto grado. Negli appunti presi sui “quaderni di campagna” dei Quest, una serie di valutazioni approssimative su una parte molto limitata del territorio (e non lungo tutte le strade percorribili, come la procedura richiedeva), con passaggi a tratti comici secondo cui era «stata notata una condizione di normalità nello svolgimento delle attività quotidiane: negozi aperti, uffici pubblici aperti, assenza di particolare preoccupazione». All’approssimazione dei Quest, però, deve essere aggiunta la superficialità politica e amministrativa con cui sembra essere stata gestita la vicenda, almeno a Sulmona. Il 22 aprile del 2009, infatti, con una sollecitazione scritta inviata ai sindaci e regolarmente protocollata al Coc, Guido Bertolaso avvertiva che «al fine di consentire l’aggiornamento dell’elenco dei Comuni interessati agli eventi sismici si procederà alle ulteriori rilevazioni macrosismiche. A tal fine – chiedeva l’ex numero uno della Protezione civile – si invitano i predetti sindaci a segnalare, entro e non oltre il 27 aprile, l’opportunità di compiere una rilevazione nel territorio comunale, segnalando le situazioni di danneggiamento più gravi, con specifica indicazione di località, indirizzo o nome degli edifici danneggiati. Nell’occasione – concludeva – si dovrà altresì fornire il nominativo, e relativo recapito telefonico, di un referente per l’effettuazione della suddetta rilevazione». Dell’elenco e della comunicazione in questione, però, a Sulmona nessuno sembra saperne niente o meglio l’assessore Enea Di Ianni ricorda di aver mandato una dettagliata lista degli edifici pubblici, di cui tuttavia non si ha riscontro tra le carte dell’ufficio sisma, dove l’unico elenco del genere (in verità schede corredate da dati catastali, più che indicazioni generiche da sottoporre al Quest) è quello indirizzato alla Regione e all’assicurazione. L’allora responsabile, l’ex dirigente Pietro Tontodonato, non ricorda d’altronde alcuna comunicazione in merito: «Se è arrivata non è passata sul mio tavolo – spiega – e certo avrei dovuto saperlo, anche se della sollecitazione si fosse fatto carico l’assessore competente». Qualcuno, ci auguriamo, prima o poi riesca a spiegare questa madornale omissione, se di omissione si è trattato. O a fornire la lista in questione, così giusto per verificare se le squadre Quest abbiano svolto il loro compito fino in fondo. Un rilievo “guidato”, dopo tutto, avrebbe forse permesso a Sulmona di entrare subito nel cratere, posto che, a guardare i numeri, checché ne dica la commissione nominata dal prefetto, dovrebbe avere di diritto, così come Raiano, l’altro dei Comuni ufficialmente esclusi. Sì perché i conti anche con le schede Aedes (il lavoro aggiuntivo fatto dalla commissione prefettizia) non tornano o meglio non giustificano questo pesante “no”. I dati raccolti dalla commissione, infatti, sono parziali (relativi alle sole schede consegnate entro il 10 marzo 2010) e frutto di una lettura discutibile che esclude dai calcoli gli edifici con danni preesistenti, come se il sisma non avesse comportato anche su questi l’inagibilità. Il calcolo è stato effettuato secondo il cosiddetto metodo Molin che divide i danni i cinque livelli (leggeri, moderati, gravi, distruzioni, crolli) e li mette in rapporto percentuale con il patrimonio abitativo esistente. Se il 50% del patrimonio ha subito danni di 1° livello o il 25% di 2° livello (equiparabili ad agibilità di tipo A) o se ancora il 5% ha subito danni di 3° livello (schede di tipo B, C ed E), allora si è di diritto nel sesto grado della scala Mercalli e quindi nel cratere. Conti alla mano (aggiornati ad oggi), a Sulmona su un patrimonio abitativo di 4.223 edifici, le schede di tipo A sono state 1.445, le B 306, le C 61 e le E 113. In tutto 1.925 schede (anche se dal calcolo potrebbero mancarne altre 500 eseguite dai tecnici comunali il giorno del sisma, ma non ritenute ufficiali dal Quest) che in rapporto al patrimonio abitativo sono pari al 45,5% (oltre il 25% di 2° livello, appena sotto il 50% di 1° livello, ma in cui potrebbero rientrare anche danni non censiti). Percentuale che diventa palesemente sufficiente (basta il 5%) se si considerano i danni di 3° livello: 480 (B, C, E) che equivalgono all’11,3% del patrimonio abitativo (tanto più che il nesso di diretta causalità a Sulmona è del 99% secondo l’ufficio sisma). La commissione ha preso però in considerazione solo 1.797 schede, con percentuali di danni che al momento non è dato sapere, mancando dal provvedimento del Tar Lazio estratto dal Comune, le due pagine relative al rapporto Molin. Pagine presenti nel provvedimento di Raiano dove su un patrimonio abitativo di 1.692 edifici, la commissione ha analizzato 563 schede, riconoscendone 87 di 3° livello, ma solo 33 per danni di causalità. In verità così non è: ad oggi si contano 396 schede Aedes di tipo A, 59 B, 21 C (a cui vanno aggiunte un’altra decina fatte da perizie giurate) e 68 E (anche qui 10 in più fatte da privati). Nel 3° livello, insomma, a Raiano rientrano 168 edifici che equivalgono al 9% del patrimonio abitativo, mentre tra il 1° e il 2° livello la percentuale è del 33,3% (più del 25% e meno del 50%). I conti, insomma, non tornano e non è peregrino pretendere che vengano rifatti.

postato il 27/10/2012

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Commenti
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Postato da masterg7 alle 18:13 di venerdì 26 Ottobre 2012
Bertolaso è un ipocrita e un truffatore, come ipocriti e truffatori sono i responsabili della Protezione Civile all'epoca dei fatti e tutti coloro che pur rivestendo incarichi amministrativi e politici esecutivi sul territorio (dal Presidente della Regione Abruzzo in giù), hanno permesso che questo accadesse sottacendo il reale stato delle cose, nonché tutti i parlamentari abruzzesi (Scelli e Lolli in testa) che addirittura, per loro stessa ammissione, hanno agito per tener fuori Sulmona e la Valle Peligna dal sacrosanto diritto al riconoscimento dei danni.




 

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