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Il punto di pat.iavarone n.44
Alessandro dice che ha ancora quindici anni di tempo. Non che abbia programmato o previsto la fine sua o del mondo come i Maya, ma è questo il tempo, ancora, che si è dato per dare forma al suo progetto di vita. Per poi, come per l’estinzione di un mutuo, dopo venti anni, fare il bilancio del patrimonio acquisito. Nessun mattone e fondo d’investimento: Alessandro ha messo in un angolo lo spread e lo shopping natalizio, di cui in verità non gliene è mai importato davvero, e, a Sulmona, è tornato per riconciliarsi con la terra. Coltiva i campi e vive di baratto e fantasia. I soldi non li cerca, non ne ha bisogno. «Non più dell’indispensabile». Artista a tutto tondo e ancor prima filosofo: fa, e non predica, una vita sostenibile. Dall’ufficio di scollocamento, al Semina Valle, dalla casa a consumo zero, alle sportine riciclate. I figli li porta a spasso su una bicicletta stile danese: una Graziella modificata con un cassone al posto del manubrio. Funziona, si funziona, e amici e conoscenti gliene hanno commissionata qualcuna. «Perché prima o poi tutti i centri storici saranno inibiti alle auto». Tra conoscenza del passato e passione del futuro, così, gioca a vivere, nel senso che sulla vita scommette. Non a caso l’investimento più grande lo ha fatto sulle persone, sui rapporti interpersonali e quando lo senti ideare, raccontare, progettare, ti sembra quasi che un altro mondo sia possibile. Partecipare ad una sua iniziativa, sia essa un laboratorio didattico o una messa in scena, è prima una gioiosa festa, che un impegno. Da due Natali, poi, mentre la gente esce di casa e indaffarata corre all’acquisto dell’inutile, di pacchetti con troppa carta e poca sostanza, lui consuma giorno e notte a “rubare” ricette di ceciripieno: un patrimonio della tradizione culinaria peligna che rischia di esaurirsi imballato nel supermercato sotto casa. Nelle sue incursioni in casa delle massaie, riesce sempre a scovare l’ingrediente segreto: non le noci, né il mosto cotto o il cioccolato; ma l’eccitazione e il calore dei focolai prenatalizi. Nei racconti delle nonne, con le mani ancora sporche di farina, la luce al neon e i nipoti orgogliosi intorno, restituisce con la scusa di quei dolci fatti in casa, il senso intimo e universale della festa. Così dovrebbe essere il Natale. Auguri.
postato il 22/12/2012