EDITORIALE

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Il punto di pat.iavarone n.42




Le speranze di essere rappresentati in Regione, per il Centro Abruzzo, sono ora ancor meno di prima. Ma questa volta non c’è da urlare alla spoliazione, ma da fare un plauso al consiglio regionale che, con mezzo centrodestra assente e tenuto “in vita” (numero legale) dal centrosinistra, ha approvato martedì scorso la riduzione di consiglieri e assessori già dalla prossima legislatura. I ben pagati eletti e nominati (quelli del listino) all’Emiciclo passano infatti da 45 a 31 e gli assessori da 10 a 6. Una bella e necessaria sfoltita che, oltretutto, e in controtendenza ad un parlamento che non riesce a cambiare il Porcellum, vedrà nei prossimi giorni, così hanno promesso in Regione, l’eliminazione del listino: lo strumento cioè che permette di far sedere in consiglio regionale 8 membri senza voti. Il prossimo consiglio regionale, insomma, sarà composto da 31 membri: 29 eletti consiglieri, il presidente e il suo sfidante con maggior voti. Sempre entro Natale, in aula arriveranno altri provvedimenti tesi al risparmio: trattamenti economici più umani (cioè più bassi) per i consiglieri, meno auto di rappresentanza, tagli al personale dei gruppi politici e al numero di dirigenti. Le spese per il consiglio regionale, ha fatto sapere il presidente dell’assise, Nazario Pagano, sono passati dai 33 milioni di euro del 2009 ai 29 milioni di euro di quest’anno. Una cifra che resta astronomica per una regione di 1 milione e 300 mila abitanti scarsi, anche in previsione dell’ulteriore taglio che nel 2014 dovrebbe “contenere” la spesa in 25 milioni di euro. Non è ancora tempo di esultare e la scure, per una volta, sono i cittadini ad augurarsela più pesante. Per il territorio, il nostro territorio, tuttavia, si apre una questione politicamente importante: quella della rappresentanza. La questione non è tanto quella di “avere uno di Sulmona” (o del territorio) seduto in consiglio regionale, quanto quella di ampliare le alleanze e gli interessi territoriali (anche economici) in grado di legare e ridisegnare l’area di intervento, per evitare che latitanti presidenti si autonominino «assessori della Valle Peligna», salvo poi, in Valle Peligna, venire di soppiatto quasi in forma privata. Per intendersi occorre trovare un’identità territoriale più ampia (e numericamente più consistente) che il ministro Fabrizio Barca auspicava qualche giorno fa a Sulmona, immaginando una fusione di Comuni che, però, sembra ancora lontana nei fatti e soprattutto nella cultura del territorio.

postato il 8/12/2012

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