CHI VA

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L’ultimo dei Thomas




Non è morto come il padre in un clinica di Saint Valley a New York, devastato dall’alcol; ma in una casetta sulle sponde del lago di Scanno dove, al massimo, aveva insegnato ai suoi nuovi concittadini a brindare in gallese: «Yechid dah», ripeteva alzando il bicchiere, anche se dai bicchieri e dall’alcol aveva mantenuto sempre una certa distanza. Suo padre, tale Zimmermann, in fondo era morto proprio così, dopo quattro giorni di coma etilico, quando lui, Colm, era ancora troppo piccolo (aveva 4 anni), il 9 novembre del 1953. Dietro, Colm, si porta il ricordo di una terra, l’Abruzzo, che ha scelto e che lo ha accolto e che, prima e meglio di altri, ha celebrato la figura del padre. Quel tal Zimmermann che, al secolo, aveva preso il nome e la statura di uno dei più grandi poeti e artisti di tutti i tempi: Dylan Thomas, “il figlio marino delle onde” secondo il romanzo medievale gallese “Mabinogion”, anche se lui, il grande poeta, aveva sempre detto che lo pseudonimo lo aveva rubato dal suo amico Bob (Dylan). Grazie a quella residenza estiva di Colm Thomas a Scanno, comprata dalla mamma Caitlin (ballerina e compagna di Dylan «di tante sbronze e di pochi spiccioli, per sempre amata e da sempre tradita»), poi diventata definitiva, l’Abruzzo ha conosciuto e divulgato questo gigante della letteratura in tempi non sospetti, prima che l’Italia si accorgesse e ricordasse davvero di lui. Era il novembre del 2003, infatti, quando il Sulmonacinema Film Festival dedicò a Dylan Thomas un’intera sezione. Nel capoluogo peligno giunse Andrew Sinclair, regista di “Under milk the wood”, film con Liz Taylor, Richard Burton e Peter O ‘Tool, ispirato e «quasi co-diretto a distanza temporale e spaziale» (così sottolineò Sinclair) da Dylan Thomas e venne, anche, il piccolo Colm, nel frattempo cresciuto, diventato giornalista e a cui la figura del padre aveva sempre fatto un po’ ombra. Non amava, Colm, essere il “figlio di”, ma al padre, oltre una rendita non da poco da spendere sulle rive del lago di Scanno, riconosceva un’indubbia e innegabile forza poetica. I suoi romanzi e i suoi film erano un intreccio musicale di assoluto piacere, un’armoniosa melodia che non si fermò all’estetica, ma che sfidò le bombe e i nazisti. Forse proprio la statura enorme di quel padre, ha suggerito a Colm una “fuga” sulle montagne abruzzesi dove le persone lo conoscevano per i suoi «yechid», più che per la fama di Dylan. O forse perché, con poche piazze e pochi vicoli, Scanno gli ricordava Swansea, il villaggio, sul mare sì, ma altrettanto remoto, dove il padre usava rifugiarsi a scrivere. Chissà che anche Colm non abbia fatto lo stesso, non abbia cioè raccontato l’altra vita dei Thomas. Sulle montagne d’Abruzzo. grizzly

postato il 22/12/2012

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